
Lo staff di PasseggiandosuiMontiLepini augura a tutti un sereno e felice 2009
Escursioni, luoghi storici, antiche ricette, flora e fauna dei Monti Lepini
Ingredienti (per 4 persone)
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Forse questo modo di consumare le castagne è il più diffuso perche il frutto appena cotto emana un profumo inconfondibile e penetrante che rende la caldarrosta irresistibile. Per ottenere una perfetta caldarrosta occorre cuocere le castagne in una padella forata su una sorgente viva di calore: uno strato uniforme di brace molto viva. La castagna va incisa su tutta la lunghezza della parte bombata prima di metterla a cuocere, dapprima lentamente sollevando la padella e lasciando riposare fuori della sorgente di calore non appena si avverte che le castagne si avviano alla cottura, in seguito al riposo si mettono sul fuoco vivo per qualche minuto fino a far bruciacchiare la prima buccia; a questo punto la caldarrosta è pronta, il suo profumo si disperderà tutto intorno e mangiarle sarà un vero piacere.
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La castagna é un frutto molto diffuso e in passato e' stato un alimento base per il suo alto valore energetico. Le molte qualita' di castagne si raggruppano in due categorie, le 'castagne' e i 'marroni'. Le prime, piuttosto piccole, sono schiacciate da un lato e con la buccia resistente e di colore. brunoscuro. I marroni sono piu' grossi, più dolci e a forma di cuore, con buccia piu' chiara e striata. La principale caratteristica delle castagne e' l'elevatissimo contenuto in amido e il conseguente alto valore calorico , che le rendono sconsigliabili per i soggetti in sovrappeso e per i diabetici. A causa della bassa digeribilita' non sono adatte ai bambini molto piccoli e a chi ha problemi di digestione; per il loro contenuto di amido sono da evitare negli ulcerosi e nei colitici.
Dove oggi si trovano i Monti Lepini, milioni di anni fa si estendeva un mare tropicale abitato da organismi in gran parte ormai estinti: pesci, molluschi, alghe e coralli. Percorrendo i sentieri, se si osserva con attenzione, è possibile riconoscere all’interno dei corpi rocciosi affioranti forme riferibili a fossili (frammenti di gusci o scheletri animali) o a tipiche strutture geologiche (piani di stratificazione o di fatturazione variamente deformati) che raccontano di esotici ambienti naturali del passato e delle trasformazioni avvenute nel corso di milioni di anni. Tra le testimonianze fossili sono facilmente riconoscibili le rudiste, caratteristici molluschi dal guscio a forma di cono e dimensioni variabili fino ad alcune decine di centimetri, vissute nel periodo Cretacico e poi estinte alla sua fine (circa 65 milioni di anni fa) contemporaneamente ai più famosi dinosauri e ad altri gruppi di esseri viventi. Nel territorio di Montelanico, tali particolarità sono facilmente osservabili salendo il versante che dalla località Pietrito porta alle rovine dell’antico “Castello di Collemezzo” . Numerose forme carsiche superficiali sono inoltre presenti sul territorio. Le doline, piccole conche o depressioni superficiali del terreno con diametro variabile da alcuni metri a decine di metri, localizzate in genere in zone a debole pendenza, sono spesso ricoperte da un deposito di terra rossa poco permeabile (residuo insolubile derivante dalla dissoluzione delle rocce calcaree), che favorisce l’accumulo di acqua utilizzata dagli animali selvatici o allo stato brado. Numerosi anche gli inghiottitoi, chiamati localmente “ovisi”. Sono aperture superficiali del terreno, di qualche metro di diametro, che danno accesso alla fitta e complessa rete di cavità sotterranee facenti capo a varie sorgenti sparse nel territorio.

La Grotticella è un’antica sorgente di epoca romana. E’ ubicata presso la località “Valle le Gotte”, un altopiano che si trova tra il Campo di Montelanico e il Monte Perentile ai confini tra i Comuni di Montelanico e Norma. L’acqua, ancora oggi ancora freschissima, venne raccolta, dagli abitanti di questi luoghi, in una cisterna scavata nella roccia, i cui resti sono tuttora visibili, vicino alla quale sono presenti i resti di antiche mura poligonali di un antico insediamento.
Il Sorbo domestico (sorbus domestica) è una pianta che appartiene alla famiglia delle Rosaceae. E' presente sui Monti Lepini ma è originario dell'Europa Meridionale, dalla Spagna alla Crimea e all'Asia Minore, spesso coltivato per i frutti anche fuori dal luogo dove era cresciuto. In Italia si trova sporadico in tutta la penisola e nelle isole, nei boschi montani di latifoglie preferenzialmente su substrato calcareo. L’albero è alto fino a 13 metri, molto longevo, i rami sono grigi e la gemma quasi glabra e vischiosa. Le foglie sono alterne e lunghe fino a 20 cm, con 6-10 paia di foglioline ovale o lanceolate sessili, dentate ai margini e acute all'apice. I fiori sono numerosi con il calice a cinque lacinie triangolari acute. Il frutto e' lungo da 2 a 4 centimetri, di colore giallo-rossastro-arancione e punteggiato diventa di colore bruno a maturità. La polpa e' verdognola e dolce quando il frutto è maturo. I frutti sono commestibili e maturano in autunno e sono molto ricercati dalla fauna selvatica. I frutti, di sapore acidulo, ricchi di acido malico e vitamina C, diventano dolci, con polpa farinosa molle. I frutti vengono utilizzati per fare sidro, confetture, liquori e salse. I frutti hanno proprietà astringenti, diuretiche, detergenti, rinfrescanti e tonificanti. Dal legno giovane si estrae un liquido scuro per tingere tessuti. Il tannino estratto dalle foglie un tempo serviva per la concia delle pelli. Il legno, colorato in rosso bruno, ad alburno più chiaro, e' duro ed elastico e trova impiego nella costruzione di pezzi sottoposti a forte attrito, oltre che in falegnameria per attrezzi rurali e casalinghi, lavori da tornio ed intaglio. Il sorbo domestico, è indicato per la coltivazione biologica e per la valorizzazione di zone marginali. E’ impiegato anche a scopo ornamentale.
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Il Ginepro rosso (Juniperus oxycedrus) è una pianta della famiglia delle Cupressacee. Pianta arbustiva sempreverde che presenta un aspetto molto mutevole a seconda della zona di coltivazione. E’ una pianta spinosa, dalla crescita lenta, e cresce dove il clima é mite. Sui Monti Lepini forma cespugli più o meno alti. Le foglie sono aghiformi, di color verde argenteo. I piccoli fiori sono di colore giallo chiaro e appaiono in tarda primavera o all'inizio dell'estate. I frutti del ginepro sono bacche chiamate in botanica "galbuli", che, prima di giungere a maturazione, cambiando il colore verde in un viola scuro, con riflessi argentei, restano da due e tre anni sulla pianta. Ogni cespo presenta quindi contemporaneamente frutti maturi e frutti acerbi, ancora verdi. I galbuli presentano forma arrotondata, sono lievemente cerati, resinosi e molto aromatici. Il ginepro è pianta comune nei luoghi incolti situati presso il mare come in montagna, ove cresce numeroso nella zona del faggio, del castagno e delle querce. Questo arbusto è tipico dell'area mediterranea nella quale aleggia il suo piacevole profumo; predilige un terreno ben drenato, leggero, anche arido e un po'alcalino. Le bacche sono usate per aromatizzare arrosti, stufati e ripieni e per la preparazione di liquori; il distillato di ginepro è infatti alla base del "gin". Se, per cuocere le carni alla griglia, viene usata della legna di ginepro, questa comunica ai cibi il suo aroma. Le bacche del ginepro contengono un olio balsamico che ha proprietà stimolanti, disinfettanti, digestive, diuretiche e sudorifere. Per disinfettare la bocca e combattere l'alitosi si possono masticare 5 o 6 bacche fresche al giorno; sempre con le bacche fresche si prepara un decotto che favorisce la digestione e può risultare utile nel caso di malattie respiratorie. Poiché‚ può nuocere ai reni il decotto di ginepro va però sempre assunto, per uso interno, sotto stretto controllo medico. Se viene usato esternamente, per esempio aggiungendolo all'acqua del bagno, non presenta alcuna controindicazione ed è tonificante e riscaldante. L'intera pianta, se viene bruciata, deodora e rinfresca gli ambienti.