giovedì 26 marzo 2009

Fare la birra in casa. La fermentazione e l’imbottigliamento

Per prima cosa abbiamo a disposizione tutto il materiale occorrente che nel frattempo abbiamo scelto ed ordinato da una delle ditte specializzate che pubblicizzano le loro birre ed attrezzature su Internet. Dopo aver accuratamente pulito i recipienti, prendiamo una grossa pentola di capacità non inferiore ai 5 litri e versiamo 2 litri di acqua da scaldare fino a circa 50°C. Nel frattempo abbiamo messo a scaldare in una pentola stretta e lunga il barattolo contenente lo sciroppo da fermentare, che essendo molto viscoso e denso, necessita di essere sciolto portando il contenitore ad circa 60°C. A questo punto l'acqua della pentola è pronta e facendo attenzione a non scottarsi preleviamo il contenitore riscaldato e con cura lo apriamo con un apriscatole, facendo attenzione di aprirlo al massimo prima di far cadere il lato tagliato all'interno. Con delicatezza afferriamo il contenitore attraverso un guanto da forno e versiamo il contenuto nella pentola con l'acqua a 50°. Dopo aver versato tutto il contenuto, diluendo a bisogno con poca acqua calda la parte che era rimasta aderente le pareti, aggiungiamo alla soluzione (ove richiesto dalle istruzioni) la quantità di zucchero necessaria a far raggiungere alla birra la gradazione voluta, si continua a scaldare fino ad incipiente ebollizione, a questo punto si lascia raffreddare e si aggiunge acqua fredda. A questo punto occorre compiere l'operazione più delicata: l'inoculazione del lievito. Si prepara un piccolo recipiente pulito in cui metteremo 50cc del mosto che è nella pentola, si diluisce con acqua fredda fino a 35° e si versa il contenuto della bustina dei lieviti affinché rinvengano. Si versa nel fermentatore il mosto raffreddato, si porta a diluizione finale e quindi si aggiunge la soluzione contenente il lievito. Si chiude ermeticamente il fermentatore, si inserisce il gorgogliatore e la nostra birra entro un giorno inizierà a fermentare producendo anidride carbonica che, salendo in superficie produrrà un ricca schiuma. Dopo alcuni giorni (dipende dalla temperatura dell’ambiente) smetterà di fermentare (non usciranno bollicine dal gorgogliatore). Ancora un po' di pazienza per qualche giorno ed i lieviti si saranno depositati sul fondo rendendo il liquido più scuro. Adesso é ora di imbottigliare. Dopo aver lavato, sterilizzato, sciacquato ed asciugato le bottiglie necessarie (dipende dalla loro capacità, io preferisco quelle da 500cc) si passa all'ultima fase, l'aggiunta dello zucchero di rifermentazione in ciascuna bottiglia ed al loro riempimento e chiusura. Un mese o più di riposo al fresco e al buio e potremo programmare una festa con i nostri amici per gustare il risultato delle nostre fatiche. Buone bevute...

martedì 24 marzo 2009

Fagus Sylvatica

Il faggio (Fagus sylvatica) è un albero della famiglia delle Fagacee ed é molto diffuso sui Monti Lepini. Le faggete colonizzano la maggior parte delle colline più elevate del nostro paese. Sui Monti Lepini, come in gran parte dei Monti Appennini, il faggio cresce sopra gli 800-900 metri di altitudine. La sua altezza può raggiungere i 40 metri. Il tronco del faggio è liscio, con macchie grigio argentate, le prime foglie sono di un verde tenero e lucido, poi diventano verde scuro. Il legno è forte e prezioso. Il frutto, chiamato faggiolo, è un grosso acheno, è una piccola noce triangolare di sapore gradevole racchiusa in un involucro duro. Dal frutto è possibile ricavare olio da condimento. Sui Monti Lepini le faggete più belle e maestose si trovano nei pressi del Campo di Montelanico e nella località di Pian delle Faggeta.

giovedì 19 marzo 2009

Pian delle Faggeta

A pochi chilometri dal paese di Carpineto Romano si trova Pian delle Faggeta (882 m), un ampio pianoro di origine carsica che viene utilizzato come base di partenza per le escursioni verso il Monte Erdigheta, il Monte Semprevisa (1.536 m), il Monte Capreo (1.421 m) e la fonte di Rapiglio. Arrivati al parcheggio delle automobili inizia una strada sterrata lungo la quale sono presenti alcuni esemplari di tasso ma anche faggi di notevoli dimensioni dai quali questo luogo prende il nome. La faggete più maestose si trovano lungo i percorsi che vanno verso il Monte Semprevisa e verso il Monte Capreo. Numerose sono le doline, fenomeni carsici tipici di questo territorio insieme agli “ovisi”. In prossimità di Pian delle Faggeta si trova l'Oviso di Pozzo Comune (-450 m). Lungo il sentiero che porta al Monte Erdigheta, prima della Fonte dell’Acquicciola, é stata attrezzata anche un’area per i pic nic all’aperto.

martedì 17 marzo 2009

Scala delle difficolta' escursionistiche

T = Turistico. Itinerari su stradine, mulattiere o comodi sentieri, con percorsi ben evidenti e che non pongono incertezze o problemi di orientamento. Costituiscono di solito l’accesso ad alpeggi o rifugi. Richiedono una certa conoscenza dell’ambiente montano e una preparazione fisica alla camminata.

E = Escursionistico. Itinerari che si svolgono quasi sempre su sentieri, oppure si tracce di passaggio in terreno vario (pascolo, detriti, pietraie), di solito con segnalazioni. Si sviluppano a volte su terreni aperti, senza sentieri ma non problematici, sempre con segnalazioni. Possono svolgersi su pendii ripidi; i tratti esposti sono in genere protetti o attrezzati. Possono avere singoli passaggi su roccia, non esposti, o tratti brevi e non faticosi né impegnativi grazie ad attrezzature che però non necessitano l’uso di equipaggiamento specifico. Richiedono un certo senso di orientamento, come pure una certa esperienza e conoscenza del territorio montuoso, allenamento alla camminata, oltre a calzature ed equipaggiamenti adeguati.

EE = Escursionisti Esperti. Si tratta di itinerari generalmente segnalati ma che implicano una capacità di muoversi su terreni particolari. Sentieri o tracce su terreno impervio e infido. Terreno vario, a quote relativamente elevate. Tratti rocciosi, con lievi difficoltà tecniche quali percorsi attrezzati. Necessitano: esperienza di montagna in generale e buona conoscenza dell’ambiente alpino; passo sicuro e assenza di vertigini; equipaggiamento, attrezzatura e preparazione fisica adeguate. Per i percorsi attrezzati è inoltre necessario conoscere l’uso di dispositivi di autoassicurazione quali moschettoni, dissipatore, imbragatura, cordini.

EEA = Escursionisti Esperti con Attrezzature. Dizione relativi a certi percorsi attrezzati o vie ferrate, al fine di prevenire l’escursionista che l’itinerario richiede obbligatoriamente l’uso di dispositivi di autoassicurazione.

(tratto da G.Buscaini, Guida ai Monti d’Italia – Monte Rosa, Club Alpino Italiano e Touring Club Italiano, Milano, 1991).

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Tutte le escursioni che vengono organizzate sono di tipo T = Turistico oppure E = Escursionistico.

giovedì 12 marzo 2009

La Sella


Monti Lepini: La Sella di Monte Capreo

martedì 10 marzo 2009

L’allenamento per le escursioni

Anche l'escursionismo richiede una certa preparazione fisica e comunque un minimo di allenamento, soprattutto se le gite prevedono il superamento di dislivelli notevoli.
In questo sito web trovate sempre la descrizione del percorso e soprattutto vengono sempre indicate sia la lunghezza (espressa in ore di cammino) che il dislivello totale. Mediamente si possono percorrere 300 - 350 m di dislivello in un'ora di cammino in salita (ovvio che questo dipende dall'allenamento e dal fisico di ciascuno di noi), mentre è stato considerato tre quarti del tempo per l'identico tragitto in discesa. Questo solo per sottolineare che se si decide di effettuare un’escursione è importante scegliere un itinerario adatto alle proprie capacità tecniche e fisiche.

giovedì 5 marzo 2009

La foresta del Centrito


Monti Lepini. Montelanico: La foresta del Centrito

martedì 3 marzo 2009

Carlina Acanthifolia

La Carlina Acanthifolia denominata comunemente Carlina Zolfina è una pianta perenne, quasi senza fusto, che si trova aderente al terreno. Le foglie sono disposte a raggera e sono di colore verde. I suoi fiori che compaiono da luglio a ottobre, sono di colore giallo. La Carlina Zolfina vive fino ad una altitudine di duemila metri e si può comunemente trovare sui Monti Lepini soprattutto nei terreni sassosi. Il fiore della carlina può essere considerato un piccolo igrometro: quando il tempo e' bello le bratte sono ben aperte e distese, in previsione di maltempo esse si inclinano verso l'interno, ricoprendo il capolino. Localmente viene chiamata "Cardo Santo". Le parti basali prima della sua fioritura, private di foglie e spine, veniva utilizzata come alimento minore da parte di pastori e carbonai. Il Cardo dopo essere stato condito con aglio e olio di oliva, veniva mangiato sia crudo che cotto insieme al pomodoro.