giovedì 15 aprile 2010

Il rilievo dell'Ouso di Pozzo Comune




Fonte: Notiziario del Circolo Speleologico Romano

martedì 13 aprile 2010

La capanna lepina


La capanna lepina è giunta fino a noi come testimonianza della forte caratterizzazione di tutto il territorio dei Monti Lepini. I pastori e gli agricoltori usavano questa costruzione abitativa, come ricovero abituale o stagionale, traendo il massimo del beneficio dal territorio circostante. In questi luoghi essi dimoravano a difesa delle greggi, a protezione dei terreni coltivati e dei raccolti stagionali. In alcune zone di montagna si coltivava il grano e la paglia veniva utilizzata come copertura per il tetto delle capanne. Il posto in cui costruire la capanna veniva scelto al seguito del gregge, nel posto reputato più sicuro e lontano dai pericoli (animali selvatici e agenti atmosferici). Lo stazzo era formato dalla capanna e dal recinto dove stazionava il gregge (la mantra). Inizialmente veniva costruito sul nudo terreno un muro in pietre, squadrate in modo rozzo, (jo sergio) alto e spesso circa un metro, con diametro interno dai quattro ai cinque metri. Per l'intelaiatura della copertura conica o a due spioventi, si usavano lunghi e flessibili pali, il tutto a sostegno di ginestre, frasche, felci o paglia. Al suo interno trova posto il focolare, posto al centro direttamente sul terreno battuto o sulle schiazze (lastre di pietra). La ravazzola (giaciglio fatto di paglia, cenci,o di foglie) fungeva da letto. La madia serviva per riporre gli alimenti, le bancozze, (piccoli seggiolini in legno) servivano per sedersi. I terrazzamenti venivano eretti, vicino alla capanna, lungo i pendii dei monti, predisponendo piccoli pianori, allo sviluppo del suolo, altrimenti corroso dallo scorrimento delle acque di superficie. Le terrazze in pietra a secco (macere) erano di varie forme e dimensioni e venivano adattate all'andamento del terreno. La capanna poteva essere adibita anche a ricovero degli attrezzi agricoli, oltre a riparo temporaneo di animali e uomini nel periodo stagionale dei raccolti. Essa rappresentava per il pastore il luogo dove viveva e svolgeva tutte le sue attività giornaliere: governare e mungere gli animali, produrre il formaggio, tosare le pecore, coltivare la terra ma rappresentava un luogo di riferimento anche per altre figure che interagivano con il pastore quali nevaroli, carbonai e piccoli commercianti.
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venerdì 9 aprile 2010

Annullamento escursione

L'escursione di domenica 11 aprile 2010 é annullata causa cattive previsioni meteo sul percorso previsto per l'escursione.

Saluti a tutti

giovedì 8 aprile 2010

Il Tasso: L’albero della morte


In tutta la zona dei Monti Lepini occidentali che va da "Pian della Faggeta", Monte Pizzone, Pian della Croce, Monte Erdigheta, "Monte Semprevisa" e anche in alcune zone dei Monti Lepini orientali ad esempio il Pianoro del lontro, si possono incontrare diversi esemplari di Taxus baccata, una conifera fra gli alberi più longevi. Alcuni esemplari raggiungono dimensioni notevoli. Quello che si trova a Pian delle Faggeta presso la “Fonte dell’acquicciola” raggiunge una circonferenza di 3,85 metri. Questi esemplari sono la testimonianza di un antico bosco esistito oltre 70 mila anni or sono (Mesozoico). In questa conifera i coni si sono trasformati in arilli, composti da una parte esterna rossa carnosa e commestibile e da una parte interna molto dura e velenosa come del resto tutta la pianta. La riproduzione avviene per opera degli uccelli, che mangiano gli arilli, digeriscono la parte esterna ed espellono i semi che non riescono a digerire. Il legno ha la caratteristica di resistere a grosse sollecitazioni sia di compressione che di trazione, Veniva utilizzato nell'antichità per la costruzione di archi e frecce. L'arco della mummia di Similaun, era costruito in Taxus baccata. Da questa caratteristica oltre al fatto di essere molto velenoso gli veniva attribuito la nomea di “Albero della morte”. Le sostanze che contiene questa pianta vengono usate attualmente per la fabbricazione di farmaci utilizzati soprattutto in chemioterapia.
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mercoledì 7 aprile 2010

Arilli di Taxus Baccata


Monti Lepini: Arilli di Taxus Baccata

martedì 6 aprile 2010

L’Ouso di Pozzo Comune

Nel punto più depresso della località di "Pian delle Faggeta" si apre la cavità carsica (in dialetto “Ouso” o “Oviso”) di Pozzo Comune. La grotta raggiunge la profondità di 170 m con 4 salti rispettivamente di 18, 20, 25 e 12 metri (Rilievo completo). L’ingresso della cavità è semi coperto da alcuni alberi. Nei pressi di una piccola parete rocciosa è visibile un piccolo torrente che sfocia proprio all’ingresso della grotta. La parte iniziale è costituita da una galleria con un fondo caratterizzato da gradini rocciosi. Da qui ci si immette in un salone caratterizzato da una volta molto ampia in cui sono presenti molti detriti rocciosi. Un cunicolo immette poi in un ambiente dal soffitto basso. Il crollo di massi di grandi dimensioni è stato causa dell’ampliamento della volta. Alcuni fattori tettonici hanno causato la profondità mentre l’acqua ha causato l’erosione levigando la roccia in questo tratto. Alla base del primo pozzo è infatti presente acqua della falda freatica che sgorga da una fessura impraticabile all’uomo. La pavimentazione del secondo tratto della grotta è dovuta all’erosione della roccia viva interrotta da marmitte e laghetti. Proseguendo nella grotta si giunge alla sommità di uno scivolo roccioso, molto ripido, che immette in un ampio salone sub-circolare. La grotta devia quindi bruscamente verso sinistra e si arriva ad un nuovo salto per proseguire poi per un ripido cunicolo fangoso (unico punto in cui è presente il fango nella grotta). Successivamente l’andamento della grotta continua con una serie di pozzi e cascate. Il fondo del condotto è caratterizzato da marmitte e gradini. Dopo una brusca sterzata le acque arrivano al ciglio di un salto dove la grotta raggiunge, dopo quattro salti, la profondità massima di 170 m. Un sifone dell’altezza di 2 m è la parte terminale del cunicolo.
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