E chiudiamo con il Panici l'altro capobanda il quale, avendo rapito a
Olevano Romano un certo Francesco De Pisi anch'egli possidente, ma non
sentendosi sicuro da quelle parti, si trasferì con il sequestrato nei boschi di
Collemezzo in compagnia d'un altro brigante: Giuseppe Pandolfi, in attesa che
gli venisse consegnata la somma del riscatto. Occorre tener presente che i
briganti trovavano in queste ed altre montagne la connivenza dei pastori che,
per aver salvi i loro armenti, rifornivano i malviventi di viveri e munizioni,
mettendoli anche al corrente del movimento delle truppe governative.
Ugualmente, boscaioli e carbonari se la intendevano con i fuorilegge fino a
quando non vennero emanate rigorose misure contro di loro.
Anche il Panici aveva i suoi
manutengoli: di notte scendeva da Collemezzo per recarsi in una capanna in
contrada «Framunti» ove lo attendevano i fratelli Flamini, l'uno detto
«Caporuscio» e l'altro «Pezzone», pastori del gregge di proprietà di quel
Francesco Rossetti di cui s'è parlato.
Il brigadiere Caporossi
comandante la gendarmeria pontifìcia della zona, con l'appoggio di
squadriglieri (pastori armati e aggregati, esperte guide di montagna), avendo
ricevuto la «soffiata» da uno dei fratelli caprai, organizzò .l'appostamento.
La notte del 21 dicembre del 1868, il «Caporuscio» volle offrire al «compare S.
Giovanni» Cesare Panici una libagione più abbondante del solito, ma il vino, che era
misto ad oppio, produsse gli effetti sperati; quindi ad un segnale convenuto i
gendarmi aprirono il fuoco dall'esterno della capanna e cadde per primo il Pandolfi.
Il Panici, benché ferito, ebbe la forza di difendersi ferendo due
squadriglieri: Giuseppe Fraleone e Giovambattista Ercolani, ma alfine anche lui
venne freddato con due fucilate. Il «Caporuscio», sfilata dalla mano del
capobanda morto la rivoltella, nel maneggiarla, rimase ucciso dall'ultimo colpo
rimasto nella canna dell'arma. Gli abitanti del paese vollero vedere nella
morte del «compare» la punizione del tradimento; altri parlarono di «giudizio
di Dio». All'indomani, i cadaveri dei due briganti, caricati su di un «barroccio»,
vennero trasportati a Frosinone.
Fonte:
Giovambattista RonzoniRicerche sul Basso Lazio
(Arte - Storia – Archeologia – Folklore – Turismo)