Rievocare, ai nostri giorni, episodi di banditismo del secolo
scorso è come trattare un argomento più che di attualità, ma nello stesso tempo
e sotto certi aspetti superato, di fronte a ciò che assistiamo da qualche anno
a questa parte in Italia e altrove. Lontani dal voler fare una diagnosi, e
tanto meno la storia del triste fenomeno che dilaga da un continente all'altro,
dobbiamo purtroppo ammettere che la criminalità, tutt'uno con il brigantaggio,
è sempre esistita pur con forme e metodi diversi ed è sempre stata una delle
piaghe più nefaste della società. Se un tempo si preferivano gli appostamenti
lungo le vie carrozzabili o ai margini dei boschi, protetti dalle ombre della
notte, oggi, in pieno giorno si assaltano banche, negozi, corriere e treni, si
svaligiano appartamenti, si sequestrano individui e, ultima delle novità è subentrata
la pirateria aerea, che mette in serio pericolo centinaia di innocenti e
tranquilli passeggeri. Anche i mezzi di offesa sono mutati: ai tromboni, alle
doppiette, alle carabine si sono sostituite le bombe a mano, il tritolo e il
mitra. Non è da credere tuttavia che i briganti di un tempo fossero meno
aggressivi e feroci dei delinquenti di oggi: ricatti, assassinii d'ogni sorta,
rapine, incendi, distruzioni di messi, carneficina di bestiame, martirii più
raffinati erano all'ordine del giorno. Gli episodi che ci accingiamo a narrare
non presentano però nulla di raccapricciante; si tratta di normali colpi di
mano a scopo di furto o di ricatto e i protagonisti sono tre famosi capobanda:
Gasparoni, Cima e Panici.
Fonte:
Giovambattista RonzoniRicerche sul Basso Lazio
(Arte - Storia – Archeologia – Folklore – Turismo)